sabato 13 dicembre 2014

Monografie - Il castello di Takeda 竹田城

This photo of Takeda Castle Ruin is courtesy of TripAdvisor
 
Il castello di Takeda 竹田城, o Tajima Takeda 但馬竹田城, difendeva il confine tra la provincia di Tajima e quelle di Tanba 丹波 e Harima 播磨 e probabilmente anche la vicina miniera d'argento di Ikuno 生野銀山.

Non rimangono documenti ufficiali sulla costruzione del castello, almeno nelle sue prime fasi, ma solo raccolte di storie orali.
 Secondo queste storie sembra che gli Yamana 山名, shugo 守護 di Tajima, avessero iniziato a fortificare l'area di Takeda già nel 1431. Nel 1441, Yamana Sōzen 山名宗全 aveva ottenuto la provincia di Harima come ricompensa per l'uccisione di Akamatsu Mitsusuke 赤松満祐, assassino di Ashikaga Yoshinori, 6° shogun Muromachi. In questa occasione Sōzen nominò i suoi vassalli Otagaki, shugodai (守護代, delegati shugo) di Tajima. Otagaki Mitsukage 太田垣光景, prese dimora a Takeda e completò il castello entro il 1443. Nonostante le alterne fortune degli Yamana negli anni a venire, il clan Otagaki rimase a Takeda per 7 generazioni.

Scheda - Il castello di Takeda

This photo of Takeda Castle Ruin is courtesy of TripAdvisor
Nome:      Takeda 竹田城
Nomi alternativi:   
  • Tajima Takeda (但馬竹田城)
  • Torafusu o Koga (虎臥城 - letteralmente "tigre acquattata")
Tipo:      castello di montagna 山城
Tenshu:    solo le rovine della base in pietra
Costruttore:  
  • clan Yamana 山名氏 (iniziano i lavori)
  • Otagaki Mitsukage 太田垣光景 (completamento della prima fase)
  • Hashiba Hidenaga 羽柴秀長 (lavori di manutenzione)
  • Akamatsu Hirohide 赤松広秀 (estensione)
Anno di costruzione:   

venerdì 21 novembre 2014

Lavori di ordinaria devastazione al castello di Takeda

Alcuni giorni fa é uscito sullo Asahi Shinbun un articolo che parlava dei lavori di ampliamento delle vie di accesso al castello di Takeda, nella prefettura di Hyōgo.
Takeda-jō è un castello di montagna, yamashiro 山城, famoso per la magnifica vista che offre in particolare la mattina, quando le nuvole lo avvolgono trasformandolo in un castello che fluttua tra le nuvole.

Oggi rimangono solo le mura in pietra, o ishigaki 石垣, ma è comunque classificato 'Sito di Interesse Storico Nazionale' (kunishiseki 国史跡) e come tale viene protetto dalla Legge sulla Tutela del Patrimonio Culturale (bunkazai hogohō 文化財保護法). Questa legge pone paletti abbastanza stretti a modifiche e interventi su un sito storico e qualsiasi azione dovrebbe essere concordata anticipatamente con lo Stato e con la Prefettura.

Un tratto della Ōtemichi
Immaginatevi dunque la sorpresa del direttore del Consiglio Scolastico Cittadino e dei membri della Commissione per la Tutela del Patrimonio Culturale quando, lo scorso 27 ottobre, sono saliti al castello per una visita e hanno scoperto che la Ōtemichi 大手道, la strada principale, era stata prolungata, si erano smantellate delle scalinate e si era costruita una nuova parte di mura...
Il tutto senza autorizzazione. 

sabato 16 agosto 2014

Pietra su pietra: le mura dei castelli giapponesi

Castello di Ōsaka


La pietra è eterna, immutabile e impegnativa da spostare, quindi non c’é da stupirsi se proprio gli ishigaki 石垣, le alte e imponenti mura dei castelli, sono le vestigia che meglio hanno resistito al tempo. Spesso sono proprio le mura in pietra che ci permettono di ricostruire la forma che aveva una fortezza, le sue dimensioni, la sua importanza.

Non solo la durevolezza del materiale, ma anche l’abilità dei costruttori, gli ishiku 石工, ha contribuito alla creazione di opere che hanno resistito al passaggio dei secoli e ai terremoti che in quei secoli si sono susseguiti (ricordiamo che il Giappone è un Paese fortemente sismico).

mercoledì 13 agosto 2014

Se vuoi far colpo sul tuo shōgun, regalagli la pietra più grossa che trovi!


Ōsaka, uno dei cancelli con pietre giganti.

Le pietre utilizzate nella costruzione delle mura dei castelli giapponesi (ishigaki 石垣) erano difficili da reperire, il Giappone non ne era così ricco e spesso dovevano essere trasportate da molto lontano.
Lavorazione e trasporto erano quindi molto dispendiosi e non tutti i daimyō potevano permettersi di usufruirne in modo massiccio.

Il primo a farne largo uso fu Ōda Nobunaga, costruendo un castello come quello di Azuchi, in cui venivano unite tutte le migliori tecniche costruttive del tempo: alte mura in pietra, fossati, torri, un tenshu 天主 maestoso e imponente, ecc. In questo modo egli fece sfoggio del suo potere economico.
I suoi successori, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu, scelsero invece un altro modo per approviggionarsi dei materiali necessari: obbligarono infatti i daimyō a loro sottoposti a partecipare alla costruzione dei loro castelli tramite l'invio di manodopera e soprattutto di "doni", generalmente pietre per la costruzione degli ishigaki.
In questo modo non solo potevano costruire imponenti fortezze con poco costo, ma privavano eventuali rivali delle loro finanze, impedendo che questi le utilizzassero per costruire fortezze per se stessi.

sabato 9 agosto 2014

Di cosa è fatto un castello? I materiali più sfruttati: pietra e legno




I  castelli giapponesi possono raggiungere dimensioni monumentali e di conseguenza, la quantità di materiale necessaria alla loro edificazione poteva essere decisamente impegnativa. Per esempio, si conta che per le mura del castello di Ōsaka siano stati utilizzati più di cinquecentomila blocchi di granito.

Reperire una tale quantità di materia prima non era problema di poco conto.

sabato 2 agosto 2014

Gengoyagura, il magazzino delle parole: nigorizzazione

Curiosità sulla lingua giapponese: la nigorizzazione

Quando in giapponese creiamo dei composti, spesso il suono della prima lettera della seconda parola cambia e diventa più... sonoro. Questo fenomeno viene chiamato "nigorizzazione".

Il termine è un'italianizzazione derivata dal giapponese nigori 濁り, che significa "impuro", ma anche "sonoro".

Per farvi un esempio, la nigorizzazione è quel fenomeno per cui, quando uniamo due parole come nawa (corda) e hari (tendere), la pronuncia  del termine composto diventa nawabari.

O ancora, shiro (castello), nei composti diventa jiro: quindi le pronunce sono yamajiro (castello di montagna) e hirajiro (castello di pianura) e non yamashiro o hirashiro.

Graficamente, in giapponese, questo fenomeno viene rappresentato aggiungendo alla scrittura in kana (i caratteri che rappresentano le sillabe dell'alfabeto giapponese) i due punti, o tenten゛ .

shiro しろ => jiro じろ
hari  はり => bari ばり

Con questo, spero di aver tolto qualche curiosità a chi si poteva chiedere il perché di questi cambi di scrittura :P

Il nawabari: quando mettiamo dei paletti (e delle corde) a segnare il nostro territorio


Se cerchiamo il termine nawabari 縄張り in un qualsiasi dizionario bilingue, la traduzione che ci verrà proposta è "territorio", se ne cerchiamo il significato su internet, molti siti ce lo esplicheranno usando immagini di gatti che marcano, appunto, il proprio territorio.
Ma in architettura questo termine ha una valenza diversa e più antica.

Nawabari è composto dai kanji nawa 縄 (corda) e hari 張り, che deriva dal verbo haru 張る, ‘tendere’ e si riferisce alla pratica, tipica dell'architettura tradizionale giapponese, di riportare direttamente sul terreno il progetto che poi i costruttori seguiranno. In questa accezione può essere tradotto letteralmente come "delimitare per mezzo di corde" o anche come "segnare tramite corde".

Nel caso dei castelli, il nawabari andava oltre la semplice progettazione di ciascun  edificio, ma comprendeva l'intero complesso fortilizio e anche, quando sarà il tempo, la sua jōkamachi, la città che sorge attorno ad esso. Una volta scelto il luogo dove sarebbe sorta la fortezza, era tempo di pensare alla sua planimetria, alla disposizione delle corti (kuruwa 郭), delle mura e dei fossati, alla dislocazione delle difese, dei passaggi e degli edifici.


La complessita del nawabari di un castello era essa stessa parte delle sue difese, contemplando percorsi intricati, vicoli ciechi e tragitti pensati allo scopo di portare i nemici nei punti dove sarebbero stati più vulnerabili.

Del nawabari facevano dunque parte, oltre agli edifici come torri (yagura 櫓) e palazzi (yashiki 屋敷), anche i fossati (hori 堀) e i terrapieni (rui 塁), le ripide mura in pietra (ishigaki 石垣), gli angoli da cui era possibile attaccare i nemici da più direzioni (yokoya 横矢), gli accessi (koguchi 虎口) e i cancelli (mon 門) disposti in modo da nascondere le truppe in attesa e così via.

Gli spazi che i progettisti avevano a disposizione per questo tipo di labirinti difensivi potevano variare molto, alcuni esempi possono andare dai 20 chilometri quadrati di Hikone ai quasi 100 di Kumamoto fino agli oltre 1000 di un castello importante come Edo.

Come dicevo sopra, a rientrare nel piano del nawabari non era solo il castello vero e proprio, ma anche sua jōkamachi 城下町, la sua città. Infatti, abitazioni e quartieri erano attentamente suddivisi e posizionati, non solo gerarchicamente, con i guerrieri di rango più alto vicini alle corti interne e le varie classi di cittadini via via più lontante, ma anche strategicamente.

Un esempio significativo sono i templi a cui era riservato il perimetro più esterno. In quell'epoca anch'essi possedevano una propri forza armata ed erano fortificati. Concedendo loro di edificare all'esterno della città, il signore del castello otteneva di una prima linea difensiva ben addestrata e a costo zero…

giovedì 12 giugno 2014

Momentanemente assente per... lavoro!



Non siamo proprio chiusi, ma... ho ripreso a lavorare!

Ebbene sì, anche i disoccupati cronici a volte vengono richiamati al dovere.
E così ho fatto armi e bagagli e son partita per tornare a servire in un altro dominio e sotto un altro signore.
Non sono schiavizzata (anche se gli piacerebbe eh... :P) però a mancare è internet!
Perché il buco che mi hanno assegnato come dormitorio è a prova di connessione e lavorare seduti sulle scale o sulla strada mica è tanto comodo....

Quindi gli aggiornamenti del blog si diraderanno un po'.
Ma portate pazienza e vedrò di risolvere anche questo incoveniente!

venerdì 6 giugno 2014

Bōrōgata tenshu: quando il daimyo guarda lontano

Il termine giapponese bōrōgata 望楼型 significa letteralmente stile (kata) a "torre di vedetta" (bōrō) e descrive esattamente quello che erano i primi tenshu: fondamentalmente torri di vedetta montate al di sopra del tetto di un ampio palazzo.

Molto probabilmente si trattava di strutture difensive temporanee, fortificazioni aggiunte a edifici già esistenti in tempo di guerra e che si sono evolute in forme più durature nel periodo Sengoku, quando le battaglie non erano più questione di faide isolate, ma la quotidianità.

tetto in stile irimoya
Il tetto dell'edificio che fa da base è in stile irimoya 入母屋, tipico della tradizione orientale e caratteristico di castelli e templi buddhisti. Le torri di vedetta invece richiamano le strutture nate già agli albori dell'architettura difensiva giapponese, anche se ormai sono diventate più solide e complesse.

All'inizio si trattava di due edifici distinti che si sovrapponevano l'uno all'altro.
Osservandone la struttura interna possiamo riconoscere la loro reciproca indipendenza nel fatto che il pavimento dell'elemento superiore poggia ed è sostenuto dai pilastri del palazzo inferiore.
bōrōgata tenshu di tipologia più antica

Nel periodo Azuchi-Momoyama questa struttura inizierà ad avere un'identità propria, non più composizione instabile, ma edificio unitario progettato direttamente come tale.
bōrōgata tenshu di tipologia più tarda
Per conferire maggiore stabilità alla struttura vengono usati dei pilastri in legno che interessano due piani: attraversano il pavimento del primo e vanno a sorreggere il soffitto di quello superiore. Questi pilastri in giapponese sono chiamati tōshi bashira 通し柱.

In alcuni casi, come nel castello di Himeji, erano usati anche enormi pilastri centrali che, ispirati alla tipologia della pagoda, attraversavano e sostenevano tutta la struttura dal basamento fino all'ultimo piano, rendendo il mastio ancora più resistente a eventi naturali come terremoti e tifoni.

Caratteristica visiva dei bōrōgata tenshu è che spesso piani interni e tetti esterni potevano non corrispondere, ma di questa peculiarità ne prlerò in altra sede.

Ritornate tra qualche giorno per conoscere le caratteristiche del sōtōgata tenshu.
***

Per i disegni si ringrazia l'architetto Giulia Asaro, che ha fatto un ottimo lavoro!

domenica 1 giugno 2014

Gengoyagura. I mille significati del tenshu

Con questa rubrichetta che chiamo Gengoyagura  言語櫓, la yagura (torre) della lingua, intendo fornire qualche curiosità sul giapponese. Non è un corso di lingua, ma giusto una raccolta di informazioni che vi permetteranno di meglio apprezzare i termini originali e quelle sottigliezze di significato che solo un vero giapponese può cogliere appieno.




Per rendere la parola tenshu in giapponese, nel corso dei secoli sono stati usati molti kanji diversi: 天主・天守・殿主・殿守. A ognuno di questi composti è possibile attribuire sfumature di significato differenti.

I kanji che vengono usati attualmente sono ten 天 e shu 守 che significano rispettivamente "cielo" e "proteggere".
天 in cinese e giapponese ha anche il significato traslato di "regno", "mondo". Quindi 天守 può essere il "protettore del cielo" o "protettore del mondo".
Lo stesso carattere compare infatti in termini come tenka 天下- letteralmente "le cose sotto il cielo", ovvero il mondo o il Paese intero; tenkabito 天下人 - termine che indica colui che ha unificato il paese (i tre grandi tenkabito, unificatori del Giappone, sono Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu); tennou 天皇 - l'imperatore del Giappone.
Questi due kanji sono spesso accompagnati anche dalla parola kaku 閣 che designa un edificio a più piani, come è appunto il tenshukaku 天守閣.

Uno dei primi a usare il termine tenshu è stato Oda Nobunaga che, nei suoi diari, usa i kanji 天 e 主. Questi due caratteri, fino al periodo Meiji e Taisho, erano usati anche per indicare il Dio cristiano e il termine tenshukyou 天主教 indica il cattolicesimo romano, che i missionari gesuiti avevano introdotto in Giappone all'inizio del "secolo cristiano" (1549-1639), dunque nello stesso periodo in cui Nobunaga stava salendo al potere.
Quando si parla del tenshu del castello di Azuchi, si è soliti usare questi due kanji (安土城天主), invece di quelli che vengono usati per tutti gli altri esempi.

Un'altro kanji utilizzato per ten è 殿 e può essere letto anche dono. Dono è il signore di un feudo, nonché l'appellativo utilizzato per rivolgersi a una persona importante (es: Odadono - Il Signor Oda). Nella lettura ten, che compare nel composto goten 御殿, indica anche la residenza del signore feudale.
Quindi 殿守 può essere il "protettore del signore" del feudo o della sua dimora.


giovedì 29 maggio 2014

La nascita di un simbolo che sopravviverà al tempo: il tenshu

Il tenshu del castello di Ōsaka (ricostruito in cemento armato)

Il mastio di un castello giapponese, o tenshu 天守, è l'elemento a cui corre la nostra immaginazione quando pensiamo alle fortificazioni del Sol Levante e con cui le identifichiamo. Di fatto, quelli che sono definiti i 12 castelli originari sopravvissuti fino ad oggi, vengono considerati tali proprio in virtù del loro tenshu.

In un castello c'è molto più di questo, ma bisogna riconoscere che, a partire dal periodo Azuchi-Momoyama, il mastio è diventato simbolo non solo del quartier generale del daimyō, ma anche della stessa città che cresce attorno ad esso. Questo ruolo gli appartiene ancora oggi e molte città giapponesi stanno ricostruendo repliche più o meno fedeli dei tenshu andati perduti o, laddove non ve ne fosse mai stato costruito uno, ne creano di completamente nuovi.

Non si conosce con esattezza quando e come sia nato questo tipo di struttura, ma gli studiosi sono per lo più concordi nel considerare il tenshu che Ōda Nobunaga fece costruire ad Azuchi, come il prototipo del mastio di epoca moderna.

Probabilmente anche il tenshu del castello di Nijō, voluto da Nobunaga per lo shogun Ashikaga a Kyōto (1567), o quello del castello di Gifu (1569), sempre degli Ōda, avevano una struttura simile, ma non è rimasto alcun tipo di documento da cui poter trarre una loro descrizione.

Questa foto di Inuyama Castle è offerta da TripAdvisor
I primi esempi di tenshu probabilmente erano composti da una torre di avvistamento di tre piani aggiunta sopra al tetto di un edificio a due. Il tenshu di Inuyama ci da un'idea di questo stile, che viene definito bōrōgata 望楼型, ovvero "stile a torretta".

Dopo Azuchi, il tenshu non è più semplicemente l'unione di due edifici separati, ma viene progettato direttamente come una struttura unitaria, seppure continuando a mantenere un aspetto a torretta.

Esiste un secondo stile di tenshu, che nasce dopo il 1600, ovvero lo stile sōtōgata 層塔型, letteralemnte "torre a strati", uno stile in cui i livelli  si sovrappongono gli uni agli altri in modo regolare, diminuendo di ampiezza con l'aumentare dell'altezza.

I tenshu possono essere classificati anche in base al loro rapporto con le strutture che li affiancano.
Possono avere dunque una composizione di tipo indipendente (dokuritsu 独立), complesso (fukugō 複合) , combinato (renketsu 連結) e multiplo (renritsu 連立).

Dei due tipi di struttura e dei quattro tipi di composizione parlerò più nel dettaglio nei prossimi post.
Continuate a leggermi!

lunedì 26 maggio 2014

Bibliografia

Nei miei post non cito mai le mie fonti, questo perché ce ne sarebbero troppe da elencare ogni volta. Questo non significa che mi inventi le informazioni che condivido con voi.
Ecco l'elenco dei libri che ho letto e a cui faccio riferimento.

venerdì 23 maggio 2014

Lo hirajiro: lo sfarzo in tempo di pace

Plastico del castello di Ōsaka in periodo Tokugawa


Dopo la quasi totale unificazione del Giappone avvenuta ad opera di Toyotomi Hideyoshi nel 1590, e per tutto il lungo periodo della Pace Tokugawa (1616-1867), il ruolo del castello cambia ancora.
Adesso è soprattuto simbolo della potenza del signore, centro del potere politico ed economico, ma anche cuore della cultura.

Il terreno prescelto per ospitarlo è la pianura che offre gli ampi spazi richiesti da edifici grandi e sfarzosi, eserciti numerosi e piante complicate che suppliscano alla carenza di difese naturali.

Infatti le difese sono ancora importanti. I castelli di pianura sono costruiti principalmente tra il 1600 e il 1615, periodo in cui la lotta per il potere non è ancora giunta a un termine e a scontrarsi sono le due grandi forze dei Toyotomi e di Tokugawa Ieyasu.
Il castello, in questi anni, deve mettere in mostra la potenza del signore che lo possiede e deve essere pronto a sopportare qualsiasi tipo di assalto, ma di fatto pochi di essi conosceranno la battaglia.

Venuta meno la protezione dei rilievi, è il nawabari 縄張り, la progettazione, a definire le difese di un castello di painura.
La pianta è ampia e complessa, in castelli come Osaka e Edo il perimetro esterno raggiunge rispettivamente i 12 e i 16 chilometri, e spesso vengono sfruttati tortuosi percorsi di avvicinamento al tenshu, che costringono i nemici a rimanere esposti al fuoco dei difensori.
Le torri (yagura 櫓) si moltiplicano; le mura in pietra (ishigaki 石垣) diventano più alte e difficili da scalare con un andamento che crea yokoya 横矢,rientranze e sporgenze da cui è possibile bersagliare gli assalitori; gli ingressi sono protetti da cancelli (mon 門) ricoperti di metallo, guardati da torri o che creano percorsi e svolte obbligate; i fossati si ampliano a dismisura raggiungendo anche un'ampiezza di 100 metri.

Ma la progettazione delle difese giunge a coinvolgere anche la città che sorge attorno al castello (jōkamachi 城下町) e i campi.
Le risaie stesse possono diventare una difesa quando, dopo la raccolta del riso, vengono allagate (suida 水田) o diventano acquitrini fangosi (fukada 深田) in cui i nemici si impantanano.
La pianificazione stessa dei quartieri della città tiene in considerazione ragioni difensive e così, per esempio, il perimetro più esterno è riservato ai templi, che in quell'epoca erano fortificati e quindi diventavano una prima linea difensiva.

È dunque nei castelli di pianura che si assemblano un po' tutte le strutture e gli elementi difensivi tipici delle fortificazioni del Sol Levante, ma di esse i parlerò con calma nei prossimi post!

martedì 20 maggio 2014

Lo hirayamashiro: un castello eclettico



Modellino del castello di Himeji che si trova all'ingresso della stazione. Himeji è un tipico esempio di hirayamajiro, sorgendo sui due colli Hime (45.6 mt slm) e Sagi.


Il castello di pianura e montagna, o hirayamashiro 平山城, è una via di mezzo tra il castello arroccato su un monte e quello che si estende al centro di una pianura.

In periodo Sengoku la situazione politica stava cambiando: i daimyō minori venivano sopraffatti e scomparivano dalla scena, mentre quelli più potenti avevano bisogno non solo di una roccaforte, ma di un centro da cui controllare domini sempre più vasti.

Anche il modo di combattere era cambiato: se prima gli scontri erano individuali e ravvicinati, alla fine del XVI secolo in Giappone era già stato introdotto il moschetto e quindi le fortezze necessitavano di spazi più ampi, che tenessero i difensori al di fuori della portata delle armi avversarie.

In questa nuova ottica, il principale vantaggio degli yamashiro, quello di essere costruiti in luoghi difficili da raggiungere, diventa uno svantaggio. Infatti, le vette scoscese di un monte non offrivano lo spazio necessario a costruire i numerosi edifici necessari al quartier generale di un Sengoku daimyō, né quello per difese efficaci contro le nuove armi.

Per risolvere questi problemi si trova ispirazione in un modello più antico, che vedeva la yakata 館, la dimora del signore, costruita ai piedi del monte e la rocca nascosta in un luogo difficilmente accessibile, ma il tutto adesso è parte di un'unica, vasta fortezza.

Ora, oltre alla cresta del monte, si fortificano anche i suoi pendii.
Il cuore del castello viene posto su un'altura, generalmente un basso colle (anche di poche decine di metri) siuato al centro di una pianura, in una posizione strategica anche dal punto di vista economico.

La cima è dunque riservata allo honamaru 本丸, il cortile principale, che accoglie il mastio e costituisce l'ultima e più importante linea di difesa.
Ad un'altezza inferiore viene ricavato il secondo recinto (ni no maru 二の丸) e poi, ai piedi del monte, si allargano i cortili che accolgono le residenze del signore e delle truppe e gli edifici di rappresentanza, nonché quelli dedicati al governo dello han 藩.

Questi castelli però non possono più sfruttare la naturale impervietà del terreno montuoso e i loro costruttori iniziano a ingegnarsi per creare difese sempre migliori e più impenetrabili, come le mura in pietra (ishigaki 石垣), i fossati pieni d'acqua, terrapieni e torri perimetrali. Tutti elementi già esistenti, ma che qui vengono migliorati, ingranditi e accorpati e che andranno continuamente espandendosi fino a trovare la loro dimensione ideale nei castelli di pianura.


sabato 3 maggio 2014

Lo yamashiro, il castello di montagna (seconda parte)

Castello di Bitchū Matsuyama, foto presa dal sito TripAdvisor.
(This photo of Bitchū Matsuyama Castle is courtesy of TripAdvisor)

 
Come promesso, oggi vi parlerò dei modi in cui i guerrieri del XVI secolo si ingegnavano per ottenere lo spazio necessario ai loro castelli e di come li rendevano inespugnabili, o quasi.

Il metodo più ovvio e primitivo era  spianare la vetta: non solo tagliavano gli alberi che vi crescevano, ma asportavano letteralmente il terreno. 
Solo la cima veniva disboscata: la foresta che cresceva sul fianco della montagna era lasciata ad intralciare i nemici, impedendo loro di riconoscere la disposizione delle difese e rendendo difficoltoso trovare percorsi alternativi.

Con l'intensificarsi degli scontri, in periodo Sengoku, divenne necessario creare alloggi non solo per il signore del castello, ma anche per il suo seguito e soprattutto per accoglire un numero consistente di soldati. Così, vennero incluse nel perimetro della fortificazione anche le vette vicine, collegandole le une alle altre tramite ponti in terra (dobashi 土橋). 
Più avanti si giunse a plasmare i fianchi stessi della montagna, disboscandoli completamente e scavando il terreno per creare cortili esterni più bassi, in un sistema a gradoni definito koshi kuruwa 腰曲輪. 
Questo sistema di cortili satellite, sia di tipo a gradoni che nella versione a vette collegate, permetteva di avere diverse linee di difesa, nonché di riconquistare un cortile caduto in mano al nemico o di isolarlo velocemente qualora non fosse possibile riprenderlo.
Un'altra accortezza strategica era quella di scegliere monti isolati, più alti di quelli vicini, per evitare che i nemici trovassero un modo per osservare l'interno del castello.

Gli yamashiro erano dunque facili da difendere
Le vie d'accesso erano limitate, gli assalitori dovevano arrampicarsi lungo erti sentieri e gradinate disconnesse, prima di raggiungere il loro obbiettivo. Di conseguenza, non solo arrivavano stremati, ma per tutto il percorso erano facili bersagli.

L'avanzata dei nemici era resa ulteriormente difficoltosa dai fossati asciutti (karabori 空掘) scavati attorno al castello. Questi fossati potevano risalire il fianco della montagna (tatebori 竪堀), e divenire invitanti vie d'accesso, ma anche trappole per gli incauti assalitori che, incanalati in questi stretti passaggi,  erano facili bersagli per i proiettili dei difensoi, ma rischiavano anche di essere travolti da grosse pietre fatte rotolare verso di loro dall'alto.
Un altro tipo di fossato (horikiri 堀切) tagliava perpendicolarmente la cresta della montagna, impedendo l'accesso al forte da direzioni non sorvegliate.

Ma anche i castelli di montagna avevano il loro punto debole: l'assedio. Per quanti accorgimenti si prendessero, lo spazio rimaneva limitato, insufficiente a stipare le grandi quantità di provviste e di armi che servivano per affrontare lunghi periodi di isolamento. Inoltre anche l'approvvigionamento idrico era fonte di preoccupazione: le sorgenti non abbondavano e scavare pozzi su un terreno impervio era impresa assai difficile da portare a termine.
In caso di assedio, l'unica speranza era attendere l'arrivo di rinforzi.

Eppure, il castello di montagna rimarrà la migliore scelta dal punto di vista difensivo anche dopo che hirajiro e horayamashiro si saranno diffusi in tutto il paese.



giovedì 1 maggio 2014

Lo yamashiro, il castello di montagna (prima parte)

Castello di Bitchū Matsuyama, foto presa dal sito TripAdvisor.
(This photo of Bitchū Matsuyama Castle is courtesy of TripAdvisor)


A discapito del loro nome, che significa letteralmente "castello di montagna", gli yamashiro 山城, erano costruiti su alture che raramente superavano i 600 metri, mentre il dislivello tra la base e la vetta andava generalmente dai 50 ai 200 metri.
La qualità di terreno forniva una protezione naturale contro i terremoti, ma esponeva gli edifici ai forti venti che spirano con i tifoni, che in Giappone sono altrettanto, o anche più, frequenti dei terremoti.

In origine erano rifugi temporanei dove il signore dello hansi ritirava all'approssimarsi del nemico, mentre la residenza ufficiale rimaneva ai piedi della montagna.
In periodo Sengoku, quando la guerra divenne continua, si fece necessario avere basi sicure per tutto il tempo, non più solo in caso di emergenza. Così i castelli divennero fortezze permanenti che coincidevano con la dimora del daimyō. Ma castelli di montagna erano anche i piccoli forti di avvistamento e segnalazione (tsutae no shiro 伝えの城) che si trovavano sparpagliati in punti strategici del territorio e le fortificazioni a difesa dei confini (sakaime no shiro 境目の城).
Si stima che prima dell'unificazione del Giappone, ci fossero circa 5000 castelli di montagna.

Costruire in siti di questo tipo non era semplice, ma la montagna era ricca di materiale: gli alberi abbattuti diventavano legname per gli edifici, mentre la pietra era utilizzata per creare le mura (ishigaki 石垣) di sostegno ed evitare che il terreno disboscato franasse.

Non erano necessari grandi lavori di fortificazione, perché la natura stessa offriva elementi difensivi (scarpate, strapiombi, percorsi ripidi e facilmente sorvegliabili) che potevano essere integrati nel progetto del castello, permettendo di risparmiare tempo e risorse.

Uno dei difetti di costruire sulla vetta di una bassa montagna, era la mancanza di spazio. Per ovviare a questo problema, i costruttori elaborarono diverse soluzioni via via più complesse e dispendiose a seconda della necessità.
Di queste, dei punti di forza e di quelli deboli dei castelli di montagna vi parlerò nel weekend.

Tornate a leggermi!

mercoledì 23 aprile 2014

Montagna, mare, pianura: ad ogni luogo la sua fortezza

This photo of Takeda Castle, in Asago is courtesy of TripAdvisor


Questa sera vorrei abbandonare per un attimo la storia e iniziare a parlarvi di come vengono suddivisi i castelli.

Abbiamo visto che possiamo classificarli cronologicamente: gli antichi castelli di montagna erano edificati prima del periodo Heian da immigrati coreani, i castelli medievali sono quelli che hanno visto la battaglia da vicino, mentre quelli moderni hanno patito più per il periodo di pace in cui sono sorti, che per gli assalti dei nemici.

Ma la principale suddivisione si basa sul territorio da essi occupato.
Abbiamo quindi castelli di montagna, o yamashiro 山城, castelli di pianura-e-montagna, o hirayamashiro 平山城 e castelli di pianura, o hirajiro 平城. Esiste anche una quarta tipologia, ovvero il castello d'acqua (mizushiro 水城) o di mare (umijiro 海城), ma essa può comprendere ed essere compresa in ciascuna delle altre tre. Quindi la potremmo definire una tipologia jolly.

I castelli di montagna, come dice il nome, sorgono su delle alture, sfruttando la natura stessa a fini difensivi.
Il termine "montagna" può trarci in inganno, perché a scuola abbiamo imparato che si tratta di un "rilievo di altezza non inferiore ai 600 metri". I castelli di montagna giapponesi raramente raggiungono, e tanto meno superano, questa quota minima. Il più alto è quello di Mino Iwamura 美濃岩村, nella prefettura di Gifu 岐阜 che sorge ad un'altitudine di 721 metri. Il secondo posto se lo guadagna quello di Takatori 高取城, con i suoi 583 metri slm.

I castelli di pianura-e-montagna si differenziano dai precedenti non tanto per una questione di altitudine, ma proprio per il modo in cui sono concepiti. Ho visto e sentito qualcuno tradurre hirayama con "collina", ma la traduzione corretta è proprio quella che distingue i due termini "montagna" e "pianura", infatti questo tipo di fortificazione include nel proprio perimetro entrambe le tipologie di terreno: un cuore principale più elevato e un perimetro pianeggiante che si può sfruttare per ampliare le difese e gli edifici di rappresentanza.

Infine ci sono i castelli di pianura che non hanno nemmeno una collina al loro interno e fanno invece uso di ampli fossati e terrapieni, planimetrie complesse e che hanno tra le loro funzioni principlai, quella di mettere in mostra l'opulenza del loro signore.

I castelli d'acqua sfruttano i fiumi, sorgono in riva ai laghi o al mare e spesso possono diventare vere e proprie isole quando i ponti che collegano i vari cortili alla terraferma vengono rimossi. Qualcuno li considera una categoria a sé, ma possono essere ben definiti castelli di montagna, se sorgono su altopiani a strapiombo sul mare, di pianura-e-montagna se l'acqua e i cortili più esterni circondano un cuore collinare o di pianura se sono nati nel mezzo di una landa piatta e priva di rilievi.

Si tende a vedere un a sorta di evoluzione da un tipo di terreno all'altro: i costelli di montagna sono i più antichi, mentre le grandi fortificazioni costruite in pianura sono l'ultima frontiera della strategia militare giapponese. In realtà non è così, e se è vero che i rilievi venivano sfruttati fin dall'antichità, bisogna ammettere che non hanno mai smesso di dimostrare la loro importanza come luoghi naturalmente facili da difendere. D'altro canto le residenze dei daimyō del periodo medievale erano costruite in pianura e fortificate in caso di necessità.

Prossimamente vedrò di parlarvi più approfonditamente di queste varie tipologie di castello, rimanete con me!

venerdì 18 aprile 2014

Le prime fortificazioni: quando il terrapieno era dalla parte...sbagliata.


         Come si può vedere dalla foto qui sopra, nei villaggi del periodo Yayoi, il terrapieno con la sua palizzata era costruito esternamente al fossato, rispetto al villaggio. 
          Normalmente ci aspetteremmo che fosse il contrario, ovvero che un nemico che voglia attaccarci, debba prima oltrepassare l'avvallamento e poi arrampicarsi fino alla palizzata.
         Questa disposizione ha lasciato perplessi gli studiosi e sono nate diverse ipotesi sul significato e l'utilizzo che potesse avere.

All'inizio si era pensato che il terrapieno fosse un sostituto della palizzata, ma gli scavi archeologici, soprattutto quelli eseguiti nei kangō shūraku, i villaggi fortificati, hanno mostrato che terrapieno e palizzata spesso si complementavano a vicenda.

Un' altra ipotesi considera la possibilità di scontri a distanza, ovvero che i difensori usassero armi da lancio per attaccare i nemici impegnati a scavalcare palizzata e terrapieno senza ruzzolare nel fossato. Il fossato inoltre aumentava la distanza tra i due schieramenti, permettendo a chi usava le armi da lancio, di farlo da una ragionevole distanza di sicurezza.
In questo caso, anche gli abitanti del villaggio rischiavano di divenire facili bersagli per le frecce lanciate da oltre la palizzata. Un’ipotesi su come si riparassero ci viene data ancora una volta dalla letteratura.

Nel Kojiki (712 d. C.) e nel Nihonshōki (720 d. C.), le due più antiche  e note cronache giapponesi, si parla degli inaki 稲城, tradotti letteralmente come “forti di riso”. Nel Nihonshōki ci vengono descritti come resistenti e solidi, cosa che cozza un po' con la nostra conoscenza della pianta del riso.
Si è ipotizzato che gli inaki fossero strutture fortificate dove veniva custodito questo cereale, ma gli studiosi adesso propendono per la possibilità che si trattasse di un tipo di fortificazione: covoni o fasci di paglia (warataba 藁束) ammucchiati e usati come riparo per rallentare e trattenere i proiettili nemici.
Più o meno lo stesso concetto dei sacchi di sabbia usati nelle moderne trincee, con la differenza  che i proiettili "catturati" dai covoni potevano essere riutilizzati dai difensori.







venerdì 11 aprile 2014

Le prime fortificazioni: villaggi d'altura e fortificati

This photo of Yoshinogari Historical Park is courtesy of TripAdvisor


I villaggi d’altura, in giapponese kōchisei shūraku 高地性集落, sono insediamenti che, come dice il nome stesso, si sono sviluppati su alture, generalmente tra i 100 e i 200 metri più in alto rispetto al terreno coltivato, probabilmente proprio per non sprecare suolo fertile in un territorio, come quello Giapponese, che è prevalentemente montuoso.
Questo tipo di insediamento, che compare già dal principio del periodo Yayoi, non presentava grandi elementi difensivi, a parte il fossato che ne circondava il perimetro.

I villaggi fortificati o kangō shūraku 環濠集落, (letteralmente villaggi circondati da un fossato), vedono la loro epoca di maggior sviluppo intorno al II secolo d. C., proprio il periodo che il Gishi Wajinden associa al regno di Himiko. 
Anche i villggi fortificati erano circondati da un fossato e la terra di risulta veniva utilizzata per la creazione di un terrapieno, al di sopra di questo terrapieno, come si vede nelle foto di Yoshinogari, era eretta una palizzata, come ulteriore elemento difensivo.

In entrambe le tipologie di insediamento sono state trovate tracce che fanno pensare a scontri: terra bruciata, punte di freccia e accette di pietra.

Per oltrepassare il fossato e accedere al villaggio si utilizzava un ponte di legno, che poteva essere rimosso in caso di avvistamento di nemici nelle vicinanze.

Un ulteriore elemento di difesa era rappresentato da uno o più fossati scavati perpendicolarmente rispetto al perimetro del villaggio. In giapponese viene chiamato tatebori 竪堀, ovvero fossato verticale: da qui era possibile far rotolare grosse pietre sugli assalitori che usavano questa via per avvicinarsi.

Un altro modo per rendere difficili le cose ai nemici, era allineare orizzontalmente, sul terreno, una serie di alberi con i rami appuntiti e rivolti verso l'esterno creando così un'ulteriore sbarramento. Questo tipo di elemento difensivo viene chiamato sakamogi 逆茂木, ovvero "alberi ribaltati".

E' interessante notare che sia i tatebori che i sakamogi continueranno ad essere utilizzati anche nei castelli di epoche successive, in particolare in periodo medievale.
Non solo: la differenziazione tra fortificazioni costruite sulle alture, che sfruttano il terreno come principale difesa, e quelle che invece nascono e si espadono sul terreno pianeggiante, si può riconoscere durante tutta la storia dei castelli giapponesi!

Una differenza che invece ha causato diversi grattacapi agli archeologi sta nella posizione dei terrapieni che, in periodo Yayoi, si trovano... dalla parte sbagliata rispetto al fossato.

Ma di questo vi parlrò la prossima volta! 




giovedì 10 aprile 2014

Le prime fortificazioni: i siti del periodo Yayoi


Per trovare gli antenati più antichi dei castelli giapponesi, dobbiamo tornare indietro fino al periodo Yayoi, intorno al III secolo a. C.
Di fatto, scavi effettuati nel sito Jōmon di Sannai Maruyama, nella prefettura di Aomori, hanno portato alla luce tracce attribuibili a fortificazioni ancora più antiche, risalenti anche al V millennio a. C., ma questa ipotesi deve essere studiata approfonditamente prima di venir confernata o smentita.
Invece, le testimonianze del periodo Yayoi sono sufficienti ad avvalorare l'esistenza di strutture difensive attorno ai villaggi dell'epoca e rendono la teoria della nascita delle fortificazioni in questo periodo, la più accreditata dagli archeologi.
Gli scavi effettuati in siti come Yoshinogari, nella prefettura di Saga, o Ōtsuka presso Kanazawa, ci mostrano agglomerati composti dalle tipiche abitazioni interrate, ma anche edifici rialzati che possono aver avuto svariate funzioni: magazzino, luogo di culto, torre di avvistamento. Un fossato circoscriveva il perimetro del villaggio e terrapieni sormontati da palizzate in legno completavano le difese.

Il parco storico di Yoshinogari. Foto gentilmente concessa da TripAdvisor (This photo of Yoshinogari Historical Park is courtesy of TripAdvisor)

Descrizioni che rievocano questo tipo di insediamenti si trovano anche nelle fonti scritte.
In Giappone la scrittura è stata introdotta solo nel VII secolo d. C., ma la prima menzione del regno degli Wa -antico nome dato dai cinesi al Giappone- compare nel Gishi Wajinden 魏志倭人伝, all'interno di un'antica cronaca cinese, lo Wei Zhi, databile al 297 d. C.
Il passo è breve, circa 2000 caratteri, ma vi si fa accenno ai primi contatti tra il regno degli Wei e il popolo degli Wa, ai più di 100 kuni クニ in cui esso era diviso e alla regina Himiko
Di Himiko viene detto che
risiedeva in un palazzo circondato da torri e steccati, con guardie armate in costante allerta.
Questa descrizione si adatta alla perfezione ai villaggi che gli archeologi definiscono "villaggi circondati da un fossato": kangō shūraku, 環濠集落.
Ma le indagini archeologiche hanno portato ad identificare anche un altro tipo di sito, definito "villaggio d'altura": kōchisei shūraku 高地性落.

Della differenza tra questi due tipi di insediamento vi parlerò venerdì sera, tornate a trovarmi!

sabato 5 aprile 2014

Una panoramica sui castelli giapponesi: il castello che conosciamo


Il plastico del castello di Himeji che si trova all'ingresso della stazione (foto del marzo 2012)

Il castello di Himeji, costruito così come lo vediamo oggi in periodo Edo, comprende nel suo perimetro moltissime delle strutture tipiche dell'epoca moderna: oltre al tenshu, ci sono le torri o yagura (櫓), i cancelli in tutte le loro forme (e ne hanno molte, fidatevi!), i fossati, le alte mura in pietra, le pareti intonacate di bianco, gli elementi difensivi come le feritoie e le caditoie, i pozzi, i quartieri dove alloggiavano le truppe e dove dimorava la principessa Senhime, le tegole e gli shachihoko (鯱 le statue a forma di pesce che decorano il tetto dei castelli) e, per ultimo, ma non ultimo, il complicato intreccio delle vie d'accesso al mastio, elemento caratteristico dei castelli giapponesi.

La visita ad Himeji è un'occasione imperdibile, perché è il castello meglio conservatosi e più completo che abbiamo oggi.
Infatti, dopo che Tokugawa Ieyasu ebbe unificato il Giappone, lui e il suo clan inizarono ad emanare leggi volte anche ad impedire che i clan rivali diventassero una seria minaccia. Tra queste leggi vi fu quella che costringeva ogni clan a possedere un unico castello per provincia (la Ikkoku ichijō rei  一国一城令) o che impediva qualsiasi costruzione o ricostruzione senza l'esplicito permesso dello shogunato (contenuta nel Buke shohatto 武家諸法度).
E così, degli oltre 7000 castelli esistenti all'inizio del periodo Edo, molti furono demoliti e altrettanti andarono in rovina.
Durante il Bakumatsu, alla comparsa della nuova minaccia costituita da americani, russi ed europei, si costruì qualche nuovo castello, come quello di Matsumae o il Goryoukaku in stile occidentale, ma le spinte innovative e di modernizzazione del periodo Meiji, nonché la necessità di far quadrare i conti, portarono ad una nuova ondata di distruzione: i castelli, visti come edifici obsoleti, vennero abbattuti, venduti come legna da ardere o, per i più fortunati, assegnati al ruolo di caserme per il nuovo esercito nazionale.
Di contro il nazionalismo di epoca Shōwa e la ripresa del dopoguerra portarono alla ricostruzione di alcuni castelli con tecniche moderne, come quelli di  Ōsaka e Nagoya, mentre altri vennero distrutti dai bombardamenti degli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale (il già citato castello di Nagoya o i gusuku delle isole Ryūkyū, oggi note come l'arcipelago di Okinawa).

Una nuova epoca d'oro per i castelli giapponesi si è aperta nell'ultimo decennio: i loro fan -non solo giapponesi- si vanno moltiplicando e le città stanno riscoprendo il tenshu come proprio simbolo. Gli studi e i libri che ne trattano non si contano e, più o meno ovunque, sono in atto restauri e ricostruzioni che vogliono essere il più possibile fedeli all'originale.
Non solo: alcune città stanno costruendo dei tenshu ex-novo, là dove il castello originale non ne prevedeva uno. Anche questi nuovi tenshu vengono progettati rigorosamente con le tecniche dell'epoca passata.

Abbiamo visto quindi che la storia dei castelli giapponesi, oltre ad essere molto antica, non è nemmeno conclusa e su di loro c'è davvero molto da dire!

venerdì 4 aprile 2014

Una panoramica sui castelli Giapponesi: l'inganno del tenshu

Il tenshu del castello di Ōsaka
Tempo fa, parlando con degli amici di cosa vedere durante un viaggio in Giappone, mi sconsigliarono il castello di Himeji, perché era in restauro e non era possibile entrarvi. Feci presente che solo il tenshu, il torrione principale, era chiuso al pubblico e loro ribatterono che, oltre a quello, non c'era nulla da vedere.
Rimasi sconvolta.

Parlando di castelli giapponesi quasi tutti pensano non solo a delle costruzioni risalenti a un determinato periodo storico, l'epoca moderna, ma addirittura li associano ad una struttura in particolare: l'alto tenshu, il bianco e aggrazziato mastio che, come un top-model, fa bella mostra di sé su riviste, libri d'arte e pagine web.

Ma se consideriamo il castello in quanto fortificazione, in esso c'è molto più del suo mastio (che, ad essere onesti, in molti castelli non fu nemmeno costruito). E la loro storia, come in ogni nazione del mondo, risale indietro fino agli albori della civiltà.

A partire dalla fine del secolo scorso, gli archeologi  hanno iniziato a portare alla luce i resti di diversi "villaggi fortificati" risalenti al periodo Yayoi che possono essere considerati le prime fortificazioni della storia giapponese.
Un esempio famoso è Yoshinogari (吉野ヶ里), provincia di Saga, nel Kyūshū del nord, ma se ne trovano in tutto il Giappone.
A questo tipo di agglomerati probabilmente si riferisce lo Wei Zhi, la "Cronaca degli Wei" (c.a. 297 d.C.), una delle cronache dei regni cinesi, nonché la prima a fare riferimento al Giappone, quando parla dei 100 regni di cui era composto.
Nel VII secolo, temendo un'invasione coreana, vengono edificati i castelli definiti 'antichi castelli di montagna' (古代山城 kodai yamashiro) o 'castelli in stile coreano' (朝鮮式山城 chōsenshiki yamajiro), perché edificati con l'aiuto di manodopera immigrata dalla Corea, e il mizuki (水城) di Dazaifu, sempre nel Kyūshū.
All'VIII secolo risale il castello di Taga (多賀城), uno dei castelli di confine costruiti nello Honshu come difesa e base per la pacificazione degli emishi.
Dei castelli si ritorna a parlare alla fine del periodo Heian, con gli scontri tra i clan di samurai che porteranno alla creazione del bakufu di Kamakura.
In questo periodo e per tutto il medioevo i capi dei clan militari si costruiranno residenze, le yakata (館), facilmente fortificabili in caso di necessità, ma verso la fine del periodo Muromachi e con l'intensificarsi degli scontri, a queste residenze signorili, verrà sempre più spesso affiancato un castello costruito sulle alture, in cui ritirarsi per affrontare un assedio.
Quando queste guerre diventeranno continue, in periodo Sengoku, anche le fortificazioni passeranno dall'essere temporanee a permanenti, ma solo con l'ascesa al potere di Ōda Nobunaga il tenshu asumerà il suo ruolo di simbolo della potenza del signore e il castello inizierà a mostrare la forma che oggi conosciamo.

....

Ritornate domani per leggere il resto di questa breve panoramica sui castelli giapponesi!

martedì 1 aprile 2014

Lo scorrere del tempo e il Giappone

Prima di iniziare a parlare dei castelli, lasciate che vi dia una veloce infarinatura sulla cronologia giapponese, così, anche se non siete nipponisti o nippofili, potrete seguirmi quando parlerò di Periodo Sengoku, castelli medioevali, guerre Ōnin e via dicendo.

LE ERE GIAPPONESI
Innanzitutto i giapponesi hanno un modo di contare gli anni diverso dal nostro. Se noi usiamo una numerazione volendo infinita, in Giappone esistono delle ere ben definite, identificate dal loro nome (元号 gengō o 年号 nengō). In passato, il nome dell'era poteva cambiare in qualsiasi momento e la numerazione ricominciava. Dal 1868 è stato deciso che nome e durata corrispondano a quelli dell'imperatore regnante.
Questo metodo è quello ufficiale utilizzato ancora oggi, anche se spesso alla data giapponese è affiancato l'anno del calendario gregoriano: 平成26年 (2014) ovvero 26° anno dell'Era Heisei.

La conversione è molto semplice. Conoscendo il primo anno di un'era (potete trovare qui una lista chiara e completa) basta sottrarvi 1 e aggiungere il numero dell'anno giapponese.
 Esempio: Il primo anno dell'era Heisei cade nel 1989. Se dobbiamo convertire Heisei26 avremo:           1989 - 1 + 26 = 2014
Per approfondire l'argomento, Wikipedia in inglese vi offre un ottimo articolo.


 I PERIODI STORICI
Anche i periodi storici possono avere durate e confini diversi a seconda della nazione cui si riferiscono. Ecco qui le differenze con il Giappone:

Preistoria: fino a circa il 4000/3000 a. C.
                 in Giappone:  fino al V/VI sec. d. C.
Antichità: dal 3000 a. C al 476 d. C.
                 in Giappone: 古代 kodai - peridodi Nara ed Heian (710-1185)
Medioevo: 476 d. C. - 1492 d. C.
                 in Giappone: 中世 chūsei - periodi Kamakura e Muromachi (1185-1568)
Età Moderna: 1492-1815
                 in Giappone: 近世 kinsei - periodi Azuchi-Momoyama ed Edo (1568-1868)
Età Contemporanea: dal 1815 ad oggi
                 in Giappone: 現代 gendai - dal periodo Meiji ad oggi (1686->)

Quindi, un castello del 724, se si trova in Giappone sarà considerato antico, mentre in Europa sarà medioevale.


I PERIODI GIAPPONESI
La storia giapponese viene infine divisa in una serie di periodi di minore durata:

Periodo Jōmon 縄文時代: c.a. 10000 a.C. - 300 a.C.
                          letteralmente periodo del "Disegno a Corda" per il tipico disegno che decorava la ceramica.
Periodo Yayoi 弥生時代: 300 a.C. - 250 d.C.
                          prende il nome dall'area di Tōkyō dove gli archeologi scoprirono i primi reperti risalenti a quest'epoca.
Periodo Kofun 古墳時代: 250 d.C. - 538 d.C.
                          letteralmente delle "tombe antiche", dalla tipica sepoltura monomentale a forma di buco della serratura diffusa in questi anni. Lo uji Yamato inizia la propria graduale ascesa.
Periodo Asuka 飛鳥時代: 538 - 710
                          É il periodo dei primi contatti con la Cina, dell'introduzione del Buddhismo e della scrittura.
Periodo Nara 奈良時代: 710 - 794
                          prende il nome dalla prima capitale "fissa" costruita in stile cinese (precedentemente, alla morte di un imperatore, per motivi religiosi, il luogo veniva abbandonato e la capitale trasferita).
Periodo Heian 平安時代: 794 - 1185
                          Prende il nome da Heiankyō, la moderna Kyōto. Il nome significa letteralmente "capitale della pace": il trasferimento fu voluto per sfuggire all'influenza ormai troppo pesante dei templi buddhisti di Nara, ma il periodo non fu tutto sommato così pacifico. In questi secoli fiorisce la coltura di corte e vengono scritti i grandi romanzi delle dame di corte. Il periodo viene diviso in due a partire dal 894, quando l'influenza del clan Fujiwara diventa preponderante.
Periodo Kamakura 鎌倉時代: 1185 - 1333
                          il potere passa nelle mani della classe militare, Minamoto Yoritomo trasferisce il governo a Kamakura, dove crea il suo bakufu, presieduto da un capo militare, lo shōgun. La corte imperiale continua ad esistere a Heian, che rimane capitale ufficiale; il ruolo dell'imperatore, considerato discendente divino, è quello di legittimare il governo.
Periodo Muromachi 室町時代: 1336 - 1573
                          l'imperatore Go Daigo cerca di riportare il potere nelle mani della corte imperiale, ma viene tradito da Ashikaga Takauji, un potente signore feudale che lo aveva inizialmente sostenuto. Takauji, sconfitto il bakufu di Kamakura, sposta il governo nel distretto Muromachi, a Heian, e da vita ad un nuovo bakufu noto come  Muromachi o Ashikaga.
  •  Periodo Nanbokuchō 南北朝時代 (1334-1392)  periodo delle Due Corti o, letterlamente, delle Corti del Sud e del Nord. Dopo essere stato destituito da Takauji, Go Daigo fugge a Yoshino, dove stabilisce la propria corte e inizia uno scisma che vede due imperatori regnare contemporaneamente.
  •  Periodo Sengoku 戦国時代 (1467-1573) un periodo di continue lotte e scontri tra i daimyō, i signori feudali.
Periodo Azuchi-Momoyama 安土桃山時代: 1568 - 1603
                          prende il nome dalle colline Azuchi e Momoyama dove Oda Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi costruirono i rispettivi castelli. Nobunaga e Hideyoshi sono i primi due grandi unificatori che riusciranno a portare sotto il proprio controllo la quasi totalità dei daimyō e quindi ad unificare, appunto, il Giappone.
Periodo Edo 江戸時代: 1603 - 1868
                          chiamato anche periodo Tokugawa. Il potere viene preso da Tokugawa Ieyasu che unifica definitivamente il Giappone sotto il proprio clan. La sede del bakufu viene trasferita a Edo, città controllata da Ieyasu nonché l'odierna Tōkyō. Il periodo è caratterizzato da una  politica isolazionista, il Giappone si chiude su se stesso rifiutando qualsiasi contatto con il mondo esterno.
  • Bakumatsu 幕末 (1853-1867) gli ultimi anni dello shōgunato Tokugawa, quando ormai le potenze occidentali si sono affacciate alle coste giapponesi e il potere militare inizia a sfaldarsi.
Periodo Meiji 明治時代: 1868 - 1912
                          Viene restaurato il potere dell'imperatore e il Giappone inizia il... breve percorso per dimostrare all'Occidente il proprio valore. In sole 4 decadi, da paese isolato e arretrato, riesce a diventare una delle maggiori potenze mondiali.
Periodo Taisho 大正時代: 1912 - 1926
                           il periodo della grande guerra.
Periodo Shōwa 昭和時代: 1926 - 1989
                          il periodo del militarismo, la Seconda Guerra Mondiale, le bombe di Hiroshima e Nagasaki e l'occupazione Ameriana. La ripresa.
Periodo Heisei 平成時代: 1989 ->
                           

Spesso le date dei periodi sono indicative, differenti studiosi possono posticipare o anticipare una data di qualche decade (per esempio in un libro il periodo Yayoi viene compreso tra 300 a.C. e 300 d.C., in un altro 250 - 250, in un altro ancora viene posticipato al 200 a. C. ...), e diverse discipline (archeologia, arte, storia, religione...) possono avere idee diverse su dove mettere i paletti del passaggio da un periodo all'altro.
Ma indicativamente ritengo che queste siano indicazioni sufficienti  a permettervi di orientarvi nella storia di un paese lontano come è il Giappone. 

Non perdetevi!

domenica 30 marzo 2014

Da dove vengo e dove voglio portarvi

A cavallo tra il 1999 e il 2000, preparandomi per l'esame d'arte giapponese all'università, mi imbattei in una prima, breve descrizione dei castelli giapponesi, non più di un paio di pagine nel libro "L'arte del Giappone" di Miyeko Murase, e in una foto del castello di Himeji, il più famoso tra essi.
Intorno al 1543, alcuni di loro [commercianti, esploratori e missionari portoghesi], diretti in Cina, fecero naufragio sulla costa meridionale del Giappone, stabilendo così per caso il primo contatto tra gli isolati giapponesi e gli europei, [...] I moschetti dei naufraghi portoghesi vennero immediatamente copiati dai giapponesi e l'introduzione di queste armi alterò in modo significativo la conduzione delle guerre, come pure la natura dell'architettura militare  [...]. Divennero allora urgentemente necessarie delle difese sufficientemente robuste da resistere alla potenza delle nuove armi. I capi militari eressero perciò delle strutture difensive fortificate mediante fossati e robuste pareti in muratura. Molti capi militari si costruirono dei castelli nelle province natali, concepiti non solo come inespugnabili fortificazioni, ma anche come splendide vetrine a riprova della loro forza economica e militare. [...]
In questo passo Murase descrive i castelli di  un determinato periodo storico, quelli eretti in poche decine di anni che cadono grossomodo tra il 1576 e il 1616.
Ma come erano costruiti, nello specifico? Quanta parte avevano avuto davvero i portoghesi nella creazione di questi capolavori d'arte? Come erano le strutture difensive giapponesi prima dell'arrivo degli occidentali?
Quante domande mi erano sorte, guardando quella foto e leggendo quella descrizione!
E così, già il primo anno di università avevo deciso su cosa avrei fatto la mia tesi di laurea e, nonostante intoppi e ritardi, riuscii a portare a termine il mio progetto. 

Dopo la laurea l'amore non è scomparso, ma la vita mi ha fatto relegare questa passione tra i sogni da cullare e vezzeggiare solo di quando in quando.
Almeno fino all'anno scorso, quando mi è stato chiesto di seguire un'amica che si laureava in architettura affrontando il mio stesso soggetto.
Seguendo lei ho scoperto che nella nostra penisola i castelli giapponesi non sono affatto conosciuti. Questo nonostante negli otto anni trascorsi dalla mia laurea, sia in Giappone che in America, essi abbiano attirato un sempre crescente nugolo di appassionati.
Non solo, in Giappone è in atto una vera e propria riscoperta del castello in quanto simbolo della città, con ricostruzioni, restauri, studi sempre più approfonditi, gare di visite ai castelli e addirittura una collana di fascicoli pubblicata dalla DeAgostini Japan!

Mi è parso giusto presentare queste fortezze anche all'Italia. All'inizio avevo pensato di farlo con un libro, ma poi ho optato per un blog che è sicuramente più facile da condividere. Perché ciò che mi spinge a lavorarci è proprio la voglia di condividere questa passione  con tutti quelli che capiteranno da queste parti!

E così, un po' alla volta, vi parlerò dei castelli, ma anche dell'architettura giapponese, dell'arte e, perché no, della lingua.
Nella speranza che anche voi possiate amarli come li amo io.