sabato 16 agosto 2014

Pietra su pietra: le mura dei castelli giapponesi

Castello di Ōsaka


La pietra è eterna, immutabile e impegnativa da spostare, quindi non c’é da stupirsi se proprio gli ishigaki 石垣, le alte e imponenti mura dei castelli, sono le vestigia che meglio hanno resistito al tempo. Spesso sono proprio le mura in pietra che ci permettono di ricostruire la forma che aveva una fortezza, le sue dimensioni, la sua importanza.

Non solo la durevolezza del materiale, ma anche l’abilità dei costruttori, gli ishiku 石工, ha contribuito alla creazione di opere che hanno resistito al passaggio dei secoli e ai terremoti che in quei secoli si sono susseguiti (ricordiamo che il Giappone è un Paese fortemente sismico).

mercoledì 13 agosto 2014

Se vuoi far colpo sul tuo shōgun, regalagli la pietra più grossa che trovi!


Ōsaka, uno dei cancelli con pietre giganti.

Le pietre utilizzate nella costruzione delle mura dei castelli giapponesi (ishigaki 石垣) erano difficili da reperire, il Giappone non ne era così ricco e spesso dovevano essere trasportate da molto lontano.
Lavorazione e trasporto erano quindi molto dispendiosi e non tutti i daimyō potevano permettersi di usufruirne in modo massiccio.

Il primo a farne largo uso fu Ōda Nobunaga, costruendo un castello come quello di Azuchi, in cui venivano unite tutte le migliori tecniche costruttive del tempo: alte mura in pietra, fossati, torri, un tenshu 天主 maestoso e imponente, ecc. In questo modo egli fece sfoggio del suo potere economico.
I suoi successori, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu, scelsero invece un altro modo per approviggionarsi dei materiali necessari: obbligarono infatti i daimyō a loro sottoposti a partecipare alla costruzione dei loro castelli tramite l'invio di manodopera e soprattutto di "doni", generalmente pietre per la costruzione degli ishigaki.
In questo modo non solo potevano costruire imponenti fortezze con poco costo, ma privavano eventuali rivali delle loro finanze, impedendo che questi le utilizzassero per costruire fortezze per se stessi.

sabato 9 agosto 2014

Di cosa è fatto un castello? I materiali più sfruttati: pietra e legno




I  castelli giapponesi possono raggiungere dimensioni monumentali e di conseguenza, la quantità di materiale necessaria alla loro edificazione poteva essere decisamente impegnativa. Per esempio, si conta che per le mura del castello di Ōsaka siano stati utilizzati più di cinquecentomila blocchi di granito.

Reperire una tale quantità di materia prima non era problema di poco conto.

sabato 2 agosto 2014

Gengoyagura, il magazzino delle parole: nigorizzazione

Curiosità sulla lingua giapponese: la nigorizzazione

Quando in giapponese creiamo dei composti, spesso il suono della prima lettera della seconda parola cambia e diventa più... sonoro. Questo fenomeno viene chiamato "nigorizzazione".

Il termine è un'italianizzazione derivata dal giapponese nigori 濁り, che significa "impuro", ma anche "sonoro".

Per farvi un esempio, la nigorizzazione è quel fenomeno per cui, quando uniamo due parole come nawa (corda) e hari (tendere), la pronuncia  del termine composto diventa nawabari.

O ancora, shiro (castello), nei composti diventa jiro: quindi le pronunce sono yamajiro (castello di montagna) e hirajiro (castello di pianura) e non yamashiro o hirashiro.

Graficamente, in giapponese, questo fenomeno viene rappresentato aggiungendo alla scrittura in kana (i caratteri che rappresentano le sillabe dell'alfabeto giapponese) i due punti, o tenten゛ .

shiro しろ => jiro じろ
hari  はり => bari ばり

Con questo, spero di aver tolto qualche curiosità a chi si poteva chiedere il perché di questi cambi di scrittura :P

Il nawabari: quando mettiamo dei paletti (e delle corde) a segnare il nostro territorio


Se cerchiamo il termine nawabari 縄張り in un qualsiasi dizionario bilingue, la traduzione che ci verrà proposta è "territorio", se ne cerchiamo il significato su internet, molti siti ce lo esplicheranno usando immagini di gatti che marcano, appunto, il proprio territorio.
Ma in architettura questo termine ha una valenza diversa e più antica.

Nawabari è composto dai kanji nawa 縄 (corda) e hari 張り, che deriva dal verbo haru 張る, ‘tendere’ e si riferisce alla pratica, tipica dell'architettura tradizionale giapponese, di riportare direttamente sul terreno il progetto che poi i costruttori seguiranno. In questa accezione può essere tradotto letteralmente come "delimitare per mezzo di corde" o anche come "segnare tramite corde".

Nel caso dei castelli, il nawabari andava oltre la semplice progettazione di ciascun  edificio, ma comprendeva l'intero complesso fortilizio e anche, quando sarà il tempo, la sua jōkamachi, la città che sorge attorno ad esso. Una volta scelto il luogo dove sarebbe sorta la fortezza, era tempo di pensare alla sua planimetria, alla disposizione delle corti (kuruwa 郭), delle mura e dei fossati, alla dislocazione delle difese, dei passaggi e degli edifici.


La complessita del nawabari di un castello era essa stessa parte delle sue difese, contemplando percorsi intricati, vicoli ciechi e tragitti pensati allo scopo di portare i nemici nei punti dove sarebbero stati più vulnerabili.

Del nawabari facevano dunque parte, oltre agli edifici come torri (yagura 櫓) e palazzi (yashiki 屋敷), anche i fossati (hori 堀) e i terrapieni (rui 塁), le ripide mura in pietra (ishigaki 石垣), gli angoli da cui era possibile attaccare i nemici da più direzioni (yokoya 横矢), gli accessi (koguchi 虎口) e i cancelli (mon 門) disposti in modo da nascondere le truppe in attesa e così via.

Gli spazi che i progettisti avevano a disposizione per questo tipo di labirinti difensivi potevano variare molto, alcuni esempi possono andare dai 20 chilometri quadrati di Hikone ai quasi 100 di Kumamoto fino agli oltre 1000 di un castello importante come Edo.

Come dicevo sopra, a rientrare nel piano del nawabari non era solo il castello vero e proprio, ma anche sua jōkamachi 城下町, la sua città. Infatti, abitazioni e quartieri erano attentamente suddivisi e posizionati, non solo gerarchicamente, con i guerrieri di rango più alto vicini alle corti interne e le varie classi di cittadini via via più lontante, ma anche strategicamente.

Un esempio significativo sono i templi a cui era riservato il perimetro più esterno. In quell'epoca anch'essi possedevano una propri forza armata ed erano fortificati. Concedendo loro di edificare all'esterno della città, il signore del castello otteneva di una prima linea difensiva ben addestrata e a costo zero…