giovedì 29 maggio 2014

La nascita di un simbolo che sopravviverà al tempo: il tenshu

Il tenshu del castello di Ōsaka (ricostruito in cemento armato)

Il mastio di un castello giapponese, o tenshu 天守, è l'elemento a cui corre la nostra immaginazione quando pensiamo alle fortificazioni del Sol Levante e con cui le identifichiamo. Di fatto, quelli che sono definiti i 12 castelli originari sopravvissuti fino ad oggi, vengono considerati tali proprio in virtù del loro tenshu.

In un castello c'è molto più di questo, ma bisogna riconoscere che, a partire dal periodo Azuchi-Momoyama, il mastio è diventato simbolo non solo del quartier generale del daimyō, ma anche della stessa città che cresce attorno ad esso. Questo ruolo gli appartiene ancora oggi e molte città giapponesi stanno ricostruendo repliche più o meno fedeli dei tenshu andati perduti o, laddove non ve ne fosse mai stato costruito uno, ne creano di completamente nuovi.

Non si conosce con esattezza quando e come sia nato questo tipo di struttura, ma gli studiosi sono per lo più concordi nel considerare il tenshu che Ōda Nobunaga fece costruire ad Azuchi, come il prototipo del mastio di epoca moderna.

Probabilmente anche il tenshu del castello di Nijō, voluto da Nobunaga per lo shogun Ashikaga a Kyōto (1567), o quello del castello di Gifu (1569), sempre degli Ōda, avevano una struttura simile, ma non è rimasto alcun tipo di documento da cui poter trarre una loro descrizione.

Questa foto di Inuyama Castle è offerta da TripAdvisor
I primi esempi di tenshu probabilmente erano composti da una torre di avvistamento di tre piani aggiunta sopra al tetto di un edificio a due. Il tenshu di Inuyama ci da un'idea di questo stile, che viene definito bōrōgata 望楼型, ovvero "stile a torretta".

Dopo Azuchi, il tenshu non è più semplicemente l'unione di due edifici separati, ma viene progettato direttamente come una struttura unitaria, seppure continuando a mantenere un aspetto a torretta.

Esiste un secondo stile di tenshu, che nasce dopo il 1600, ovvero lo stile sōtōgata 層塔型, letteralemnte "torre a strati", uno stile in cui i livelli  si sovrappongono gli uni agli altri in modo regolare, diminuendo di ampiezza con l'aumentare dell'altezza.

I tenshu possono essere classificati anche in base al loro rapporto con le strutture che li affiancano.
Possono avere dunque una composizione di tipo indipendente (dokuritsu 独立), complesso (fukugō 複合) , combinato (renketsu 連結) e multiplo (renritsu 連立).

Dei due tipi di struttura e dei quattro tipi di composizione parlerò più nel dettaglio nei prossimi post.
Continuate a leggermi!

lunedì 26 maggio 2014

Bibliografia

Nei miei post non cito mai le mie fonti, questo perché ce ne sarebbero troppe da elencare ogni volta. Questo non significa che mi inventi le informazioni che condivido con voi.
Ecco l'elenco dei libri che ho letto e a cui faccio riferimento.

venerdì 23 maggio 2014

Lo hirajiro: lo sfarzo in tempo di pace

Plastico del castello di Ōsaka in periodo Tokugawa


Dopo la quasi totale unificazione del Giappone avvenuta ad opera di Toyotomi Hideyoshi nel 1590, e per tutto il lungo periodo della Pace Tokugawa (1616-1867), il ruolo del castello cambia ancora.
Adesso è soprattuto simbolo della potenza del signore, centro del potere politico ed economico, ma anche cuore della cultura.

Il terreno prescelto per ospitarlo è la pianura che offre gli ampi spazi richiesti da edifici grandi e sfarzosi, eserciti numerosi e piante complicate che suppliscano alla carenza di difese naturali.

Infatti le difese sono ancora importanti. I castelli di pianura sono costruiti principalmente tra il 1600 e il 1615, periodo in cui la lotta per il potere non è ancora giunta a un termine e a scontrarsi sono le due grandi forze dei Toyotomi e di Tokugawa Ieyasu.
Il castello, in questi anni, deve mettere in mostra la potenza del signore che lo possiede e deve essere pronto a sopportare qualsiasi tipo di assalto, ma di fatto pochi di essi conosceranno la battaglia.

Venuta meno la protezione dei rilievi, è il nawabari 縄張り, la progettazione, a definire le difese di un castello di painura.
La pianta è ampia e complessa, in castelli come Osaka e Edo il perimetro esterno raggiunge rispettivamente i 12 e i 16 chilometri, e spesso vengono sfruttati tortuosi percorsi di avvicinamento al tenshu, che costringono i nemici a rimanere esposti al fuoco dei difensori.
Le torri (yagura 櫓) si moltiplicano; le mura in pietra (ishigaki 石垣) diventano più alte e difficili da scalare con un andamento che crea yokoya 横矢,rientranze e sporgenze da cui è possibile bersagliare gli assalitori; gli ingressi sono protetti da cancelli (mon 門) ricoperti di metallo, guardati da torri o che creano percorsi e svolte obbligate; i fossati si ampliano a dismisura raggiungendo anche un'ampiezza di 100 metri.

Ma la progettazione delle difese giunge a coinvolgere anche la città che sorge attorno al castello (jōkamachi 城下町) e i campi.
Le risaie stesse possono diventare una difesa quando, dopo la raccolta del riso, vengono allagate (suida 水田) o diventano acquitrini fangosi (fukada 深田) in cui i nemici si impantanano.
La pianificazione stessa dei quartieri della città tiene in considerazione ragioni difensive e così, per esempio, il perimetro più esterno è riservato ai templi, che in quell'epoca erano fortificati e quindi diventavano una prima linea difensiva.

È dunque nei castelli di pianura che si assemblano un po' tutte le strutture e gli elementi difensivi tipici delle fortificazioni del Sol Levante, ma di esse i parlerò con calma nei prossimi post!

martedì 20 maggio 2014

Lo hirayamashiro: un castello eclettico



Modellino del castello di Himeji che si trova all'ingresso della stazione. Himeji è un tipico esempio di hirayamajiro, sorgendo sui due colli Hime (45.6 mt slm) e Sagi.


Il castello di pianura e montagna, o hirayamashiro 平山城, è una via di mezzo tra il castello arroccato su un monte e quello che si estende al centro di una pianura.

In periodo Sengoku la situazione politica stava cambiando: i daimyō minori venivano sopraffatti e scomparivano dalla scena, mentre quelli più potenti avevano bisogno non solo di una roccaforte, ma di un centro da cui controllare domini sempre più vasti.

Anche il modo di combattere era cambiato: se prima gli scontri erano individuali e ravvicinati, alla fine del XVI secolo in Giappone era già stato introdotto il moschetto e quindi le fortezze necessitavano di spazi più ampi, che tenessero i difensori al di fuori della portata delle armi avversarie.

In questa nuova ottica, il principale vantaggio degli yamashiro, quello di essere costruiti in luoghi difficili da raggiungere, diventa uno svantaggio. Infatti, le vette scoscese di un monte non offrivano lo spazio necessario a costruire i numerosi edifici necessari al quartier generale di un Sengoku daimyō, né quello per difese efficaci contro le nuove armi.

Per risolvere questi problemi si trova ispirazione in un modello più antico, che vedeva la yakata 館, la dimora del signore, costruita ai piedi del monte e la rocca nascosta in un luogo difficilmente accessibile, ma il tutto adesso è parte di un'unica, vasta fortezza.

Ora, oltre alla cresta del monte, si fortificano anche i suoi pendii.
Il cuore del castello viene posto su un'altura, generalmente un basso colle (anche di poche decine di metri) siuato al centro di una pianura, in una posizione strategica anche dal punto di vista economico.

La cima è dunque riservata allo honamaru 本丸, il cortile principale, che accoglie il mastio e costituisce l'ultima e più importante linea di difesa.
Ad un'altezza inferiore viene ricavato il secondo recinto (ni no maru 二の丸) e poi, ai piedi del monte, si allargano i cortili che accolgono le residenze del signore e delle truppe e gli edifici di rappresentanza, nonché quelli dedicati al governo dello han 藩.

Questi castelli però non possono più sfruttare la naturale impervietà del terreno montuoso e i loro costruttori iniziano a ingegnarsi per creare difese sempre migliori e più impenetrabili, come le mura in pietra (ishigaki 石垣), i fossati pieni d'acqua, terrapieni e torri perimetrali. Tutti elementi già esistenti, ma che qui vengono migliorati, ingranditi e accorpati e che andranno continuamente espandendosi fino a trovare la loro dimensione ideale nei castelli di pianura.


sabato 3 maggio 2014

Lo yamashiro, il castello di montagna (seconda parte)

Castello di Bitchū Matsuyama, foto presa dal sito TripAdvisor.
(This photo of Bitchū Matsuyama Castle is courtesy of TripAdvisor)

 
Come promesso, oggi vi parlerò dei modi in cui i guerrieri del XVI secolo si ingegnavano per ottenere lo spazio necessario ai loro castelli e di come li rendevano inespugnabili, o quasi.

Il metodo più ovvio e primitivo era  spianare la vetta: non solo tagliavano gli alberi che vi crescevano, ma asportavano letteralmente il terreno. 
Solo la cima veniva disboscata: la foresta che cresceva sul fianco della montagna era lasciata ad intralciare i nemici, impedendo loro di riconoscere la disposizione delle difese e rendendo difficoltoso trovare percorsi alternativi.

Con l'intensificarsi degli scontri, in periodo Sengoku, divenne necessario creare alloggi non solo per il signore del castello, ma anche per il suo seguito e soprattutto per accoglire un numero consistente di soldati. Così, vennero incluse nel perimetro della fortificazione anche le vette vicine, collegandole le une alle altre tramite ponti in terra (dobashi 土橋). 
Più avanti si giunse a plasmare i fianchi stessi della montagna, disboscandoli completamente e scavando il terreno per creare cortili esterni più bassi, in un sistema a gradoni definito koshi kuruwa 腰曲輪. 
Questo sistema di cortili satellite, sia di tipo a gradoni che nella versione a vette collegate, permetteva di avere diverse linee di difesa, nonché di riconquistare un cortile caduto in mano al nemico o di isolarlo velocemente qualora non fosse possibile riprenderlo.
Un'altra accortezza strategica era quella di scegliere monti isolati, più alti di quelli vicini, per evitare che i nemici trovassero un modo per osservare l'interno del castello.

Gli yamashiro erano dunque facili da difendere
Le vie d'accesso erano limitate, gli assalitori dovevano arrampicarsi lungo erti sentieri e gradinate disconnesse, prima di raggiungere il loro obbiettivo. Di conseguenza, non solo arrivavano stremati, ma per tutto il percorso erano facili bersagli.

L'avanzata dei nemici era resa ulteriormente difficoltosa dai fossati asciutti (karabori 空掘) scavati attorno al castello. Questi fossati potevano risalire il fianco della montagna (tatebori 竪堀), e divenire invitanti vie d'accesso, ma anche trappole per gli incauti assalitori che, incanalati in questi stretti passaggi,  erano facili bersagli per i proiettili dei difensoi, ma rischiavano anche di essere travolti da grosse pietre fatte rotolare verso di loro dall'alto.
Un altro tipo di fossato (horikiri 堀切) tagliava perpendicolarmente la cresta della montagna, impedendo l'accesso al forte da direzioni non sorvegliate.

Ma anche i castelli di montagna avevano il loro punto debole: l'assedio. Per quanti accorgimenti si prendessero, lo spazio rimaneva limitato, insufficiente a stipare le grandi quantità di provviste e di armi che servivano per affrontare lunghi periodi di isolamento. Inoltre anche l'approvvigionamento idrico era fonte di preoccupazione: le sorgenti non abbondavano e scavare pozzi su un terreno impervio era impresa assai difficile da portare a termine.
In caso di assedio, l'unica speranza era attendere l'arrivo di rinforzi.

Eppure, il castello di montagna rimarrà la migliore scelta dal punto di vista difensivo anche dopo che hirajiro e horayamashiro si saranno diffusi in tutto il paese.



giovedì 1 maggio 2014

Lo yamashiro, il castello di montagna (prima parte)

Castello di Bitchū Matsuyama, foto presa dal sito TripAdvisor.
(This photo of Bitchū Matsuyama Castle is courtesy of TripAdvisor)


A discapito del loro nome, che significa letteralmente "castello di montagna", gli yamashiro 山城, erano costruiti su alture che raramente superavano i 600 metri, mentre il dislivello tra la base e la vetta andava generalmente dai 50 ai 200 metri.
La qualità di terreno forniva una protezione naturale contro i terremoti, ma esponeva gli edifici ai forti venti che spirano con i tifoni, che in Giappone sono altrettanto, o anche più, frequenti dei terremoti.

In origine erano rifugi temporanei dove il signore dello hansi ritirava all'approssimarsi del nemico, mentre la residenza ufficiale rimaneva ai piedi della montagna.
In periodo Sengoku, quando la guerra divenne continua, si fece necessario avere basi sicure per tutto il tempo, non più solo in caso di emergenza. Così i castelli divennero fortezze permanenti che coincidevano con la dimora del daimyō. Ma castelli di montagna erano anche i piccoli forti di avvistamento e segnalazione (tsutae no shiro 伝えの城) che si trovavano sparpagliati in punti strategici del territorio e le fortificazioni a difesa dei confini (sakaime no shiro 境目の城).
Si stima che prima dell'unificazione del Giappone, ci fossero circa 5000 castelli di montagna.

Costruire in siti di questo tipo non era semplice, ma la montagna era ricca di materiale: gli alberi abbattuti diventavano legname per gli edifici, mentre la pietra era utilizzata per creare le mura (ishigaki 石垣) di sostegno ed evitare che il terreno disboscato franasse.

Non erano necessari grandi lavori di fortificazione, perché la natura stessa offriva elementi difensivi (scarpate, strapiombi, percorsi ripidi e facilmente sorvegliabili) che potevano essere integrati nel progetto del castello, permettendo di risparmiare tempo e risorse.

Uno dei difetti di costruire sulla vetta di una bassa montagna, era la mancanza di spazio. Per ovviare a questo problema, i costruttori elaborarono diverse soluzioni via via più complesse e dispendiose a seconda della necessità.
Di queste, dei punti di forza e di quelli deboli dei castelli di montagna vi parlerò nel weekend.

Tornate a leggermi!